Sesso Blu Zaffiro
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1. Dissonanze ...continua...
Non ci posso credere.
Io, sono stato proprio io?
Eppure... quegli occhi gelidi mi stanno ancora fissando. E non hanno intenzione di smettere. Per quanto tempo li avrò davanti a me, incisi sulla retina, nella mente? Tatuati sulla pelle?
Lo so, non m'abbandoneranno. Mai.
Chiudo con forza le palpebre. Li vedo ancora. Due punti rosso fuoco che forano strati d'ombre. Ho la bocca impastata. Una voragine nella gola. Un ciclone acido nello stomaco. Le mie ossa sono ovatta, i muscoli matasse di filospinato.
Un brivido mi scuote dalla testa ai piedi. Il braccio destro continua a tremare. Impercettibilmente. I tendini s'increspano, le dita s'inarcuano quel poco da Sdleng! far cadere il coltello sul pavimento di cemento. Intorno, tutto è cemento grezzo. Il soffitto, le pareti. Tutto è dipinto in nero, compresa l'unica porta. Chiusa. Una lampadina pende nuda da un filo appeso al centro del soffitto. Sparge a fatica una luminosità malata. Luce che si concentra in quelle pupille gelide. Occhi capaci d'attirare la luce, di trattenerla, imprigionarla. La vedo concentrarsi sotto al bianco vitreo. Lampada d'alabastro. La vedo premere dietro le iridi nere, più luminose di specchi d'ossidiana.
Com'è può quello sguardo essere ancora così... vivo?
Il corpo no.
Un ammasso di carne bianca, opaca. Un braccio malamente piegato sotto il peso della schiena massiccia. L'altro abbandonato in un gesto assurdo, come volesse indicare l'unica via d'uscita: la porta chiusa. Il mio braccio non trema più. Congelato, pende lungo il fianco. Uno sguardo al coltello caduto a terra. La lama sporca di sangue brilla come argento in fusione. Riflette in un lampo continuo la luce della lampadina. Anche quella lama sembra capace di raccogliere e trattenere la luce. Le molecole del metallo e degli occhi avrebbero proprietà comuni? O è solo la mia mente la nota stonata, dissonante. È la mia mente a distorcere la realtà, a vedere quello che non c'è.
La mia immaginazione è malata, la mia mente un labirinto di specchi deformanti dove si rincorre e moltiplica la luce. Fino ad accecare. Fino a cadere in ginocchio e non aver più la forza d'urlare, né di pensare.
Eppure quel corpo sta qui ai miei piedi. Morto.
Non posso averlo inventato.
Quelle pupille sono qui. Vive. Luminose. Mi stanno fissando. M'ipnotizzano. Mi trasformano il sangue in polvere, il respiro in vetro.
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