2011
29
Mar
Intervista a Mara Faggioli
Commenti (
autrice di Dulcamara
edito da Ibiskos
Ulivieri.
In copertina campeggia la fotografia di una
piccina (di età) paffutella (Mara Faggioli a 2 anni) e mi chiedo se questa
immagine sia strettamente connessa alla silloge, ma poi, leggendo, non mi
sembra, e allora resta il mistero dello strano titolo, perché Dulcamara
mi fa venire in mente la Morella rampicante, pianta non molto conosciuta dagli
appassionati di floricultura, ma assai ben nota invece agli erboristi, viste le
sue proprietà medicamentose, nonostante la sua elevata tossicità.
Quindi, sorge spontanea la domanda: perché
intitolare questa silloge Dulcamara?
Il valore di un libro è decretato,
ovviamente, dal suo contenuto ma credo che una parte importante sia rivestita
anche dal titolo e dalla copertina essendo le prime cose che attraggono
l’attenzione del lettore e, quindi, lo spingono ad esaminarlo.
Ma perché ho scelto “Dulcamara” che
letteralmente significa “dolce-amaro”?
La Morella rampicante cioè la Dulcamara (Solanum dulcamara L.) é una pianta erbacea di grande pregio nella
farmacopea tradizionale, pur essendo anche tossica, conosciuta fin
dall’antichità. Il nome “Dulcamara” è dato dai suoi giovani rametti che,
appena germogliati, hanno un sapore prima dolce e poi amaro.
Ecco perché ho pensato a “Dulcamara”:
“dolce” e “amara”, come la vita. Questa vita che ci regala momenti dolci e
amari, questa vita che merita di essere vissuta attimo dopo attimo, non
dimenticando mai che ogni momento è prezioso perché unico e irripetibile in
questo nostro cammino meraviglioso, anche quando lungo la
strada s’incontrano ostacoli ed il percorso diviene irto e difficile.
Ho ritenuto che “Dulcamara” si
adattasse bene alle poesie di questa raccolta, alcune dolci ed altre amare
proprio perché “poesie di vita”.
E poiché Dulcamara (Solanum dulcamara
L.) etimologicamente deriva da solanem (calmare, confortare, mitigare)
alludendo, forse, alle sue proprietà sedative e curative, voglio sperare, quindi,
che questa raccolta poetica rappresenti anche una confortante e piacevole
lettura per tutti coloro che gentilmente vorranno leggerla.
Questo libro, più che una silloge tematica,
è una raccolta di poesie di varia natura, fatta eccezione per Un anno di
poesie abbracciate, una poesia per ogni mese, da gennaio a dicembre, quasi
a scandire i tempi della vita. Prima sfogliandolo e poi leggendolo ho notato
comunque che hai cercato di dare una certa continuità logica alle composizioni
presenti, con stacchi a volte rappresentati da tue sculture, altre da versi
senza titoli, oppure premettendo versi di altri autori, come in Ode al vino,
in cui a latere citi un passo delle Metamorfosi di Ovidio. Al riguardo,
e non è solo una curiosità, questi riferimenti al poema epico dell’autore di
Sulmona mi fanno pensare a una tua recondita passione per la poesia latina, di
cui l’epica costituisce una parte rilevante.
Se è così, non hai mai pensato di comporre
versi epici, magari adattati all’epoca attuale, e senza ricorrere a formule
metriche ormai obsolete?
Ho cercato di suddividere le poesie a
seconda dei temi trattati: l’amore, gli affetti, la poesia civile,
l’infanzia, alternandole con immagini di mie sculture o dipinti oppure con dei
brevi versi che fossero in sintonia con le poesie stesse.
Anche se mi attrae molto mettere in
ex-ergo versi di altri autori, e come nel caso dell’Ode al Vino citare
un passo delle Metamorfosi di Ovidio, non ho mai pensato di scrivere
poemi perché amo e preferisco la poesia breve, spesso anche lapidaria ma
alcune volte attingo al mito perché rappresenta una fonte inesauribile
d’ispirazione.
C’è una domanda che mi frulla nella testa
da un bel po’ di tempo. Scrivere, dipingere e scolpire rappresentano concretizzazioni
della creatività, i risultati di un processo che porta all’esterno ciò che
matura in noi.
La domanda è questa: come nasce questa
creatività, insomma l’idea dell’opera, sia che si tratti di una poesia che di
una scultura? E il processo, o meglio il fenomeno, è uguale in entrambi i casi?
Principalmente scrivo a seguito di una
profonda emozione tanto che, quando iniziai a cimentarmi con la poesia, ebbi
momenti di grande difficoltà e disagio perché era necessario riuscire a
superare un certo pudore nel mettere a nudo i propri sentimenti dato che
“scrivere poesia” significa anche condividere con altre persone ciò che
portiamo dentro il cuore.
Qualche volta ho scritto anche su
specifici argomenti, magari richiesti in occasione di eventi o ricorrenze
particolari ma, in questo caso, la poesia mi sembra costruita a tavolino
e di conseguenza ho la sensazione che mi appartenga di meno.
Per quanto concerne la scultura e la
pittura, alcune volte mi getto immediatamente nell’esecuzione dell’opera
presa dall’emozione, altre volte, invece, devo effettuare anche un lavoro
preliminare di ricerca e di studio che può essere più o meno lungo.
Ma, soprattutto per quanto riguarda la
pittura e la scultura, il desiderio di creare è spesso influenzato dagli
avvenimenti del mondo circostante perché ritengo che qualsiasi forma artistica
non dovrebbe rimanere fine a se stessa ma dovrebbe servire anche come
strumento per lanciare dei messaggi, per far pensare e riflettere, può divenire
anch’essa uno strumento di pace e d’amore in un mondo assetato soprattutto di
questo. Credo che ognuno, con i mezzi di cui dispone (il pittore con la
tavolozza ed i colori, il musicista con la sua musica, lo scultore con la
materia, lo scrittore con carta e penna), debba trovare il modo, attraverso
queste espressioni artistiche, di arrivare al cuore degli uomini. Mai, come in
questo momento storico, dobbiamo tutti quanti far sentire la nostra voce. Tutti
abbiamo questo dovere, parlare di pace e d’amore perché l’uomo ne ha bisogno
come dell’aria che respira.
Dunque è per lo più un fenomeno inconscio
la nascita dell’idea, magari influenzata anche dall’ambiente circostante. Non
si pensa, o si pensa a qualche cosa d’altro, e l’idea nasce spontanea, senza un
percorso iniziale di ricerca. Ovvio, poi, che per la realizzazione ci sia anche
uno studio, indispensabile perché il risultato sia il più possibile aderente
all’idea stessa. Ritorniamo al libro, in particolare alla silloge Un anno di
poesie abbracciate. Nel trascorrere dei mesi e quindi anche della stagioni
rilevo un parallelismo fra la natura e l’esistenza umana, anche se Dicembre
celebra una nascita, quindi un inizio, e non una fine. L’uomo, che nasce e poi
muore, in effetti trova una rigenerazione in quella nascita in una stalla di
2.010 anni fa. Rigenerare vuol dire ritrovarsi in altra forma e in questo
senso, secondo te, la poesia è una continua rinascita dello spirito, oppure è
semplicemente la traduzione in parole di una sensazione interiore? Mi spiego
meglio: con la poesia l’autore trova in se stesso qualche cosa di nuovo tale da
dargli l’impressione che con la sua stesura è come se ogni volta fosse rinato a
nuova vita? Del resto il pathos che accompagna la creazione induce a vedersi in
una nuova veste.
Sicuramente il pathos che accompagna ogni
nuova creazione è, comunque, non soltanto “emozione” ma anche “sofferenza” e,
come tale, lascia poi spazio nell’animo ad una sensazione di rinascita e di
appagamento.
Ogni poeta ama trattare prevalentemente
pochi temi (il rapporto con la natura, l’amore, il senso dell’esistenza, il
rapporto con la divinità, ecc.). Tu in questa raccolta ne affronti moltissimi,
nel senso che è quanto mai variegata. Comunque, quali sono i temi principali con cui tendi a dare corpo alle tue poesie, in un’ottica, o messaggio, con la
quale cerchi di partecipare agli altri ciò che matura e si sviluppa dentro di
te?
Non ho argomenti più o meno preferiti nello
scrivere poesia, quindi i temi trattati dipendono molto dal mio stato d’animo
di quel momento, dalle emozioni suscitate dal mondo circostante, dalla gioia o
dal dolore. Infatti, le poesie della raccolta poetica “Dulcamara”, sono
alquanto varie e comprendono quelle dedicate all’amore, agli affetti
familiari, all’amicizia nonché alla poesia di tipo civile e quella
intimistica.
Credo che non riuscirei mai a scrivere un
intero libro di poesie su un singolo argomento, ammiro coloro che riescono a
farlo ma io, forse per il mio carattere volubile e irrequieto, non amo la
“routine” e, di conseguenza, mi annoierei tremendamente a scrivere su un unico
tema.
Poetessa, scultrice, pittrice, vincitrice
di numerosi premi letterari, per non parlare poi dell’ultima onorificenza (Premio
donna Città di Scandicci), insomma pratichi l’arte, ma ne ritrai anche
soddisfazioni. Mai appagata, potrei dire, sempre più ispirata mi sento di
aggiungere. Del resto anche questo libro è frutto di un tuo successo (il 1°
premio al Concorso Nazionale di Poesia e Narrativa “La Tavolozza”).
Un’attività, quindi, frenetica, tanto che mi viene da chiedere se ogni tanto
non subentri un po’ di stanchezza e, soprattutto, se non avverti la necessità
di staccare almeno per un po’. E invece sembri proseguire imperterrita, come un
treno sempre in corsa. Dove trovi tanta energia e quali sono le fonti di questa
continua ispirazione?
Bravo Renzo! Indovinato…”come un treno
sempre in corsa”…. infatti sono proprio così! Senza un attimo di sosta,
insomma, un treno senza fermate! Ma, a parte gli scherzi, non riesco,
davvero, ad immaginare la mia vita senza queste attività perché ne ho bisogno
per vivere.
Anzi, in verità, ho fatto una bella
“fermata” abbastanza lunga per motivi di salute e sono stata molto male, non
solo fisicamente per ovvie ragioni, ma, soprattutto, perché mi mancava di
affondare le mani nell’argilla o dipingere. Ma, superato il periodo più
cruciale, ho avvertito che l’unica cosa capace di farmi guarire sarebbe stata
quella di prendere una tela e dei colori e rimettermi a dipingere. E così è
stato, ho dipinto freneticamente, come a voler riprendere il tempo perduto, ho
ritrovato la forza, l’energia, la gioia di vivere.
Questo dimostra che anche la sofferenza
fisica può essere una fonte d’ispirazione e, pur trovandomi forzatamente chiusa
in casa, la fantasia mi ha fatto volare lontano. Un esempio emblematico è Frida
Kahlo ed il calvario della sua vita durante la quale subì circa 32 interventi
chirurgici e fu costretta a portare vari busti di gesso che la costrinsero a
lunghi periodi di immobilità. Fu, allora, che iniziò a dipingere e la pittura
divenne la sua battaglia per la vita. Si fece costruire un cavalletto,
appositamente studiato per dipingere stando distesa, con sopra il letto un grande
specchio dove poteva specchiarsi in modo da eseguire i suoi primi autoritratti.
Ovviamente, conciliare diversi impegni
artistici, anche con quelli familiari, non sempre è facile, ma se esiste
“un’ardente” passione non si avvertono né sacrificio, né stanchezza.
Certamente, però, questa passione deve essere, davvero, “ardente”, deve
essere un fuoco che brucia dentro, come una passione d’amore, deve essere un
tormento che si traduce, poi, in estasi.
E credo sia proprio questo fuoco interiore
che produce e alimenta l’energia necessaria per proseguire in questo
meraviglioso, anche se spesso difficile, cammino.
Indubbiamente la passione aiuta molto,
anche a superare le difficoltà che si possono incontrare ogni giorno. Ritorno,
dopo queste interessanti divagazioni, a Dulcamara.Le poesie che
compongono questo libro affrontano temi quanto mai diversi, ma in verità è
presente una silloge tematica, Un anno di poesie abbracciate, in tutto
dodici liriche, appunto tante quanti sono i mesi di un anno. Quindi, ti sei
posta il problema di svolgere un tema ben definito, ripercorrendo in versi
sensazioni e impressioni di stagione. C’è un motivo particolare, oppure si
tratta di poesie nate senza un preciso scopo e poi riunite in un’unica silloge?
L’idea delle poesie dedicate ai mesi
dell’anno mi nacque perché desideravo fare un calendario da donare agli amici,
inserendo in ogni mese una mia opera di scultura o pittura e una poesia.
Però, scrivere poesie dedicate ai mesi, mi
sembrava banale e fu così che escogitai “Un anno di poesie abbracciate”.
Infatti, l’ultimo verso della prima poesia è uguale all’incipit della
seguente e così via, fino all’ultimo mese che desideravo si chiudesse con la
parola “amore”. Da qui il nome di “poesie abbracciate” proprio perché sono
collegate l’una all’altra, quasi come si tenessero per mano.
Qualche volta, purtroppo, le idee non si
traducono in realtà ed ancora non ho trovato il tempo e il modo di fare questo
calendario ma prima o poi lo farò….spero per il 2012 !
Non mi resta che attendere il calendario
2012, con immagini di sculture, pitture, o testi poetici, al posto delle solite
ragazze, più o meno svestite.
E in un periodo buio per il genere umano,
contraddistinto da ipocrisie, dissennatezze, degrado morale, a cui poi si
aggiungono anche eventi catastrofici, come il recente terremoto in Giappone e
il relativo rischio nucleare, alle persone di buona volontà e di sani propositi
è lasciato sempre meno spazio, così che un poco per volta vengono emarginate.
Secondo te, come può l’arte, intesa in
senso generale, contrastare questa tendenza che sembra sempre più nichilista?
L’articolo 9 della Costituzione Italiana recita:
“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della
Nazione”.
Attualmente il dettato di questo articolo
non è proprio in linea con i recenti tagli operati dal Governo in tutti i
settori della cultura, nonostante che, invece, investire nella cultura,
significherebbe investire nella crescita sociale ed economica di un Paese. E,
mai come adesso, sarebbe oltremodo necessario farlo proprio per il periodo
che stiamo vivendo, dove troppo spesso hanno il sopravvento il degrado
morale e barbarie di ogni genere nonché la perdita dei valori e di ogni etica,
con l’aumento dell’ignoranza e dell’intolleranza. Quindi, le uniche armi a
disposizione per combattere tale imbarbarimento sarebbero proprio le arti e la
cultura, messe a dura prova dai recenti provvedimenti.
Credo, comunque, che nonostante tutte le
difficoltà, dobbiamo continuare con perseveranza e determinazione a portare
l’arte e la poesia a disposizione di un sempre maggior numero di fruitori e
cioè andando al di fuori dei salotti e circoli letterari frequentati
esclusivamente dagli “addetti ai lavori” e facendola veicolare anche in
luoghi pubblici non espressamente preposti dove un sempre maggior numero di
persone ne possa venire a conoscenza. Così come è necessario fare esposizioni
di arti visive in qualsiasi luogo accessibile con più facilità dalla
popolazione e non esclusivamente in gallerie d’arte. L’arte deve essere un bene
di tutti e non esclusivamente di gruppi ristretti di cosiddetti “intenditori”
perché l’arte è bellezza e la bellezza appartiene a tutti.
Tutto questo con la speranza che,
continuando a gettare dei semi, questi possano germogliare in futuro.
Certamente il male fa più scalpore del bene e occorre molta costanza e fermezza
nel mettere in atto questi propositi anche perché spesso l’artista, che non
dispone di particolari risorse economiche, non riesce ad emergere e trova molte
strade chiuse.
Ciò che Giorgio La Pira aveva annunciato e
previsto mezzo secolo fa si è avverato. Riporto una parte del messaggio che
La Pira, grande profeta di pace, sindaco di Firenze dal 1951 al 1965, rivolse
alla Comunità degli scrittori europei nel lontano 1962: “Siamo ormai sul “crinale
apocalittico” della storia: in un versante c’è la distruzione della terra e
dell’intera famiglia dei popoli che la abitano, nell’altro versante c’è la
“fioritura messianica dei mille anni” (…) i popoli di tutta la terra e le loro
guide politiche e culturali sono oggi chiamati a fare questa estrema scelta.
Per non compiere il “suicidio globale” e per andare invece, nel versante della
pace millenaria (…) bisogna trasformare i cannoni in aratri ed i missili in
astronavi e non devono più i popoli esercitarsi con le armi”.
E, purtroppo, le nostre guide politiche e
culturali sembrano non avvertire quali siano le loro gravi responsabilità…
In verità l’attuale governo dimostra di non
conoscere la nostra Costituzione e, soprattutto, di non volerla rispettare.
Nella “Carta” vengono tutelati i diritti di
tutti nell’interesse generale, mentre c’è chi lavora solo per interessi
particolari e che non ama pertanto che ci sia una diffusione della cultura che
porterebbe a un accrescimento dello spirito critico e quindi a un maggior
controllo sull’operato dell’esecutivo e dell’intero parlamento.
E per finire una domanda che è possibile
definire di prammatica: hai qualche cosa in cantiere, cioè hai in animo di
pubblicare abbastanza a breve un’altra raccolta di poesie?
No, non penso mai di scrivere con
l’intento di pubblicare, scrivo unicamente quando ho qualche emozione da
lasciare sulla carta. Provo questo desiderio poiché il tempo passando spesso
“scolorisce” i nostri ricordi e, pur non cancellandoli, comunque ci fa
perdere le emozioni di quell’istante; scrivendo ho la sensazione di poterle
fermare e lasciarle intatte anche negli anni futuri.
Grazie, Renzo, per questa intervista,
grazie, per la tua generosità nel promuovere e divulgare le mie opere e
quelle dei vari autori e artisti, per la tua costante attività di operatore
culturale e promotore della cultura e per il tuo rigore e onestà
intellettuale.
Grazie, Mara, per questa conversazione
bella e interessante, che è andata anche oltre le notizie sul tuo Dulcamara,
libro che ti auguro possa ottenere il successo che senz’altro merita.
Dulcamara
di Mara Faggioli
Edizioni Ibiskos Ulivieri
Nota critica introduttiva di Mario Meozzi
Poesia
Collana Il quadrifoglio
Pagg. 96
ISBN 978-88-7841-537-9
Prezzo € 12,00