Presagio Triste
Commenti ((Banana Yoshimoto - Feltrinelli)
Aleggia la stessa atmosfera onirica di Confessioni di una maschera di Yukio Mishima, ma il valore etico della famiglia e del ricordo sono qui sublimati. Seguiamo, passo dopo passo, nel suo lento recupero memoriale Yayoi, ragazza ipersensibile e in grado di prefigurare eventi futuri. Allontanatasi dal mondo ordinato, sereno e tranquillo della famiglia, per seguire le orme del suo passato, entra in quello sregolato e solitario di sua zia, che l’aiuterà a ricordare contro lo scorrere incessante del tempo e la forza dell’oblio.
Il languore, i sentimenti puri, fragili, trasparenti come vetro soffiato, la dolce malinconia, le descrizioni idilliache del paesaggio che dominano questo romanzo non ci stancano. La trama, per niente ammiccante, ci avvolge e ci trascina come corrente d’acqua dolce. Ci sembra di essere in una barca senza remi, ci sentiamo incapaci di prevedere quale sarà la goccia che farà traboccare il vaso; forse, per questo motivo speravamo in un finale più sorprendente. Questo ci fa pensare alla bipolarità della cultura giapponese; evidente, in primis, nei cartoon che da sempre hanno formato l’immaginario collettivo di generazioni e generazioni di bambini. Non si può certo negare l’imprinting pedagogico dei cartoon made in Japan come Mazinga, Goldrake, Jeeg Robot d’acciaio, da una parte, e Candy Candy, Heidi, Lady Oscar, Remi, dall’altra. Robot, (“anime”), eroi nipponici, samurai, ecc. sono protagonisti di continue e antiche lotte tra bene e male, espressione di violenza, forza, coraggio, ribellione, ma anche di valori universali quali la pace, la giustizia, l’amicizia, la libertà. Nell’altro filone trionfano invece la tenerezza di sentimenti profondi, l’amore e l’amicizia, e i personaggi principali manifestano dolcemente la forza e il coraggio. Si pensi, inoltre, al Giappone dell’high-tech e, non è una contraddizione, alle donne del Sol Levante che, tutt’oggi, in casa, indossano il kimono.
I personaggi di Presagio triste sono così eterei da farci supporre, e non siamo i soli, che siano fantasmi, perché Yayoi: ”…fui colta improvvisamente da un’allucinazione triste. La zia non c’era stata sin dall’inizio, eravamo morti tutti in quell’incidente…”. Con uno stile lineare, scevro di una forzata ricerca di ornamenti linguistici, Banana Yoshimoto gioca con i suoi personaggi e, di conseguenza, con la nostra attenzione, come fossero le pedine di una scacchiera.