Non posso nascondere di aver atteso per mesi l’uscita di questa raccolta pubblicata dalle Edizioni Nottetempo, un volume che racchiude i racconti di Laura Fidaleo. L’autrice dimostra di trovarsi a proprio agio con questo mezzo narrativo che le consente di presentare un susseguirsi di vicende con un unico indiscusso protagonista: le donne. Sono loro a emergere anche quando sembrano abbattute dagli eventi, dalle menzogne, dai rapporti che intessono o dalle azioni che compiono.
Seppure inserite in contesti molto distanti le une dalle altre, è la famiglia a rappresentare l’ambito principale che le accoglie, all’interno del quale sembrano essere catapultate loro malgrado, come conseguenza di un dato di fatto, nulla di più di una condizione naturale della vita.
Il costante raffronto dei personaggi con la famiglia mette una di fronte all’altra le donne che la compongono: sorelle presenti e invidiate per le attenzioni che ricevono
[1], altre portate lontano dagli eventi della vita
[2], ma soprattutto madri con le quali è costante l’ambivalenza tra il confronto-scontro e la latente consapevolezza di trovarsi un giorno a vestire quegli stessi panni
[3], al termine di un sentiero intrapreso con naturalezza o derivante dal risultato di un rapporto che, anche quando grida la volontà di abbandono, nasconde il desiderio di possesso
[4].
Il contraltare della famiglia è costituito dall’amore, lasciato alle spalle per volontà propria o altrui, vissuto con la consapevolezza che “nessuno è innocente”, inseguito perché “ci deve essere un errore da qualche parte nell’amore: un buco. Sento dire continuamente volevo, voglio, vorrei essere amato. Ma io so che l’amore non basta per tutti, è una carestia”.
L’amore è vissuto con desiderio di appropriazione (“voglio tutto l’amore del mondo, lo voglio adesso, lo voglio solo per me e niente per nessuno”), è contaminato da una “malattia di silenzi”, è la strada che pare disegnare percorsi e arabeschi ma che conduce sempre nello stesso luogo: “Quando ho amato sono stata punita, quando non ho amato pure”.
C’è amore in “Dammi un posto tra gli agnelli”, amore per la famiglia e per l’altro, ma è accompagnato a ogni passo da un evidente senso di morte che sembra tenere in equilibrio la vita di ognuno di noi. E non è soltanto morte fisica, ma un sentimento distillato in attimi, presi uno per uno o ordinati in sequenze: la reazione di una ragazza che si scopre madre
[5], la ferrea e inoppugnabile logica di un bambino che incolpa i re Magi accusandoli di aver causato la strage degli innocenti
[6], la scelta precisa e meditata di come orientare un bulimico getto di vomito, il pragmatismo di chi conosce la risposta alle domande fondamentali dell’esistenza ("Cos'è il futuro?". “Domani”).
Eppur quegli attimi sono la vita, anche quando dimentichiamo di averla vissuta
[7], o quando abbiamo l’impressione che scorra per tutti anche se “ci sono persone autorizzate a vivere e altre no”.
“Dammi un posto tra gli agnelli” getta uno sguardo disilluso nel cuore degli uomini (o delle donne) e toglie enfasi e consistenza a tutto ciò che credono importante
[8]. Non per questo Fidaleo si abbandona a un approccio dissacrante: sembra piuttosto mettere su carta la sintesi pratica e precisa di un bambino che osserva il mondo degli adulti e ne liofilizza gli umori in poche frasi, gettando via il superfluo per svelarne la vera natura.
Fidaleo compie questo processo dando l’impressione di non voler disturbare, anche quando le vicende narrate nascondono drammi, incomprensioni, verità imbarazzanti. La sua è una scrittura costellata di silenzi che parlano, in cui il senso della narrazione è in alcuni casi da ricercare nell’intuizione più che nella comprensione razionale. È un esercizio a cui ci si deve abituare, ma che riserva una soddisfazione che ci è negata in un mondo votato alla scrittura banalmente lineare che spiega tutto di sé.
Completato il percorso tracciato dal volume ci si trova di fronte a una realtà amara ma ineluttabile: in fondo si è sempre nudi di fronte al dolore, come si è nudi di fronte alla verità. Meno male che, ogni tanto, c’è qualcuno come Laura Fidaleo che ci ricorda come stanno veramente le cose e che non ha paura di ammettere: “Io non mi vergogno più. Io dico la verità. E la verità spesso fa schifo”.
Laura Fidaleo
“Dammi un posto tra gli agnelli”
Edizioni Nottetempo
2012, 137 p., brossura