Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura
Commenti ((Gordiano Lupi - Stampa Alternativa)
In uno stile agile, chiaro, spontaneo, con un linguaggio familiare, ma tagliente e non privo di… espressioni volgari, Gordiano Lupi mette a nudo il perbenismo di facciata del mondo dell’editoria, degli scrittori, dei corsi di scrittura e dei concorsi letterari. “Quasi quasi faccio anch’io un corso di scrittura” è un libro che solleva, con la impassibilità di un vecchio chirurgo, le bende maleodoranti, pur se intrise di essenza di alloro, delle piaghe del compromesso, del vuoto spirituale e dell’insensatezza di tanta produzione letteraria, delle scelte prezzolate ed osannate, attraverso media complici e compiacenti, da falsi sacerdoti del bello e del vero, delle giurie legate dal patto del “do ut des” che muove un mercato che confonde le idee, degli scrittori che, una volta etichettati come famosi, consacrati come oracoli da ascoltare in religioso silenzio, ricevono applausi ad ogni “cazzata” da chi, da tempo, ha ormai rinunciato alla sua testa.
No!, dice Gordiano Lupi, scrivere è una cosa seria e chi scrive deve sforzarsi di essere se stesso e non di apparire, con l’aiuto di truccatori incalliti, di mecenati del danaro e non del bello, pur tra le grandi difficoltà che crea l’ entourage dell’editoria di regime caratterizzato da manovre economiche e governato da un nostrano Fidel Castro, pur tra le proposte ingannevoli di alcune riviste, tra i tanti concorsi e corsi inutili e a pagamento. “La vita di chi scrive è come la scala di un pollaio (ripida e merdosa, diceva mio nonno) e quanta merda da spalare che vi aspetta non ve lo aspettate neppure”.
La maschera dietro cui scrittori, editori, politici, personaggi televisivi nascondono il proprio volto per ingannare il mondo non è altro che una crudele trappola della nostra società. Chi la indossa finisce per ingannare se stesso…
La critica duramente sarcastica, originata dal sentimento dell’odio e dell’amore nello stesso tempo, verso una certa realtà è costellata da spunti autobiografici e accompagnata da un lento, forse in parte inconsapevole, esame introspettivo da cui emergono tratti significativi della personalità dell’autore: la simpatia, la voglia di vivere nonostante tutto, lo spirito di ribellione, la nostalgia del tempo che passa, il disprezzo di “questo” progresso, di “questa” realtà, il desiderio e la malinconia di un recupero memoriale.
“L’altra faccia del digitale siamo noi che abbiamo perduto tutto, pure il tempo di stare a sentire un bambino che piange…L’altra faccia del digitale sono i bambini che muoiono ché le bombe saranno pure intelligenti ma mica lo danno a vedere…Lo fermi mica il progresso…E allora scriviamo…mica lo cambi il mondo con le parole…”!