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Agnelli Bertinotti Fabio Fiat Landini Marchionne Maurizio Officina Sebastiani Sergio Torino condizioni idea operaio persone stabilimenti
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2011
25
Ago
Officina Italia
di Nunzio Festa
Commenti (La Fiat secondo
Sergio Marchionne

prefazione di
Maurizio Landini
Altrimedia Edizioni
(Matera, 2011), pag. 168, euro 14.00
Fare controinformazione, per
informare. Il saggio-inchiesta di Fabio Sebastiani “Officina Italia”, uscito il
14 di luglio da Altrimedia Edizioni, e del quale tra l'altro ho avuto il
piacere, occupandomi dell'editing, di vederlo diventare da idea fondativa a
testo compiuto, è opera che narra la Fiat come mai la racconteranno i
telegiornali padronali (dunque tutti) e i servizi giornalistici – la maggior
parte di quelli che imposti - della verità a strappo e/o di comodo. Fabio
Sebastiani, l'autore del saggio che è inchiesta dove si leggono e rileggono
pensieri e parole scritte della proprietà e della dirigenza della 'famiglia'
per antonomasia, da anni s'occupa di cronaca sindacale per Liberazione ma non
solo e segue quanto conosce la storia e le vicende che accadono al mondo del
lavoro – più esattamente quasi sempre a discapito di lavoratrici e lavoratori,
sulla e nella loro pelle; Sebastiani, da anni, tiene sotto controllo volontà,
per esempio, e trasformazioni immaginate e sperimentate dalla Fiat oggi di
Marchionne. Non a caso, insomma, sottotitolo al lavoro è “La Fiat secondo
Sergio Marchionne”. Che, innanzitutto, Fabio Sebastiani inquadra col suo
obiettivo il passato della Fabbrica Italiana Automobili Torino. Perché dalla
sua fondazione, ovvero nell'anno di loro signor 1899, questa azienda è stata
rappresentativa e rappresentante dell'Italia nel mondo, nonostante qualche
decennio or sono non fosse il tempo specifico delle multinazionali e la
'fabbrica italiana', sempre per antonomasia, non s'interessasse più di tanto,
nonostante alcuni sforzi visibili e da sottolineare, a farsi fotografare quale
sigla universale e per pudore non tiriamo fuori dal cassetto gli scatti dove un
Agnelli fa a braccetto con Mussolini. Il giornalista dice allora delle giornate
dove era amministratore Valletta. Chi ricorda la marcia che tutti dicono dei
Quarantamila? Se pur erano, quegli impiegati, molti meno di quarantamila?
Passando dunque, e non sarebbe potuto essere altrimenti, attraverso gli
elementi di contrasto alla forza lavoro introdotti: uno su tutto l'oppressione
verso l'operaio sindacalizzato. Allora l'operaio, col cuore in gola, non può
che ricordare i famosi “reparti confino”. Gabbie di lavoro nella gabbia/lavoro.
Partendo, confermiamo più attentamente da cosa la Fiat degli Agnelli è stata,
Sebastiani vuole capire, e soprattutto far comprendere, che si sono messi in
testa per il presente. Dove, tanto per cominciare, s'è ripartiti da ingaggiare
il super-manager a fare l'ad. In sostanza amministratore delegato diventa il
già applaudito Sergio Marchionne. Osannato, potremmo ricordare, persino dal
leader comunista Fausto Bertinotti. All'ora del suo insediamento in quel di
Torino. Ma Bertinotti e compagni, soprattutto, ora dovrebbero guardare alla
nuova Fiat. Cioè a una politica, pare osservare F. Sebastiani, che pensa a far
abbandonare l'Italia agli stabilimenti mentre s'impone un progressivo
peggioramento delle condizioni di lavoro. Questa e tante altre volte, siamo
costretti a chiamare “controinformazione” l'unico modo perfetto d'informare. In
sede d'apertura del volume, il segretario della Fiom Cgil Landini parte duramente:
“La crisi nel nostro Paese è utilizzata, in questa fase, per smantellare i
diritti delle persone. Nel nome della globalizzazione e della concorrenza
mondiale si sta attuando il progetto di cambiare le relazioni industriali,
rompendo l’equilibrio tra gli interessi di chi lavora e quelli di chi fa
impresa, in favore degli imprenditori. L’idea è quella di cancellare il diritto
delle persone a contrattare la propria condizione di lavoro collettivamente. Il
caso Fiat è esemplare”. Perché? Ecco la risposta offerta dallo stesso Maurizio
Landini: “l’Azienda ha usato la scusa di rendere gli stabilimenti più
produttivi per imporre le proprie condizioni. Né per Pomigliano, né per
Mirafiori è stato possibile condurre una trattativa. Per lo stabilimento
campano, il management si è presentato con un testo (...)”. Eccetera. Dunque
nella Basilicata dove Lucania significa persino Fiat Sata di Melfi, non abbiamo
che da imparare.
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