2011
28
Giu
L’odore del nulla o l'eresia del Cristo scomposto
Commenti (
Maurizio Gregorini torna alla poesia
con “L’odore del nulla o l’eresia del Cristo scomposto”
Dopo nove anni il
poeta, scrittore e giornalista Maurizio Gregorini torna con un inedito volume
poetico: “L’odore del nulla o l’eresia del Cristo scomposto” (Ed. del Cardo,
pag. 109, € 8,00). La composizione, di grande impatto filosofico, artistico ed emotivo,
si pone come un dialogo tra il poeta ed un Cristo umanizzato, involucro e seme
del volere divino. Una rilettura personale e soggettiva del rapporto tra l’essere
umano e l’Altro inesplorato, sintesi dei dolorosi conflitti individuali che
caratterizzano la condizione umana. Qui sta l’eresia, dal greco αἱρέω (hairèō,
"afferrare", "prendere" ma anche "scegliere" o
"eleggere"); il poeta, nella libertà di simboli e metafore
raffinate, compie una scelta che si concretizza nell’atto coraggioso di
un’estrema ribellione ai dogmi e alle certezze mistificanti della omologante e “pulita
civiltà cattolica” intransigente nei confronti della Differenza che lo rende:
“Solo e guasto/ nel mio diverso amore” a cui si unisce la rivolta contro una
semi-divinità che attraverso la crocifissione ha sedotto l’uomo con la sua
dolorosa gloria, frutto del potere dittatoriale di un Dio sconosciuto. La
poesia di Gregorini è altamente simbolica e ci travolge per la qualità e la
forza delle visioni attraverso un istinto mistico ed erotico che porta l’uomo-poeta
a desiderare il patibolo della croce e la sofferenza della carne in una
immedesimazione costante con il corpo dell’amato. Nell’ouverture, l’anafora
accentua il grido doloroso e lo scontro con il mondo circostante: “Voi mi
volete muto. Voi mi volete mutilato. Voi tagliate la mia parola con la lingua
dell’odio”. Il poeta scompone, de-costruisce il corpo di Cristo; dipinge e
disegna, con le parole, un ritratto rovesciato, scomposto, appunto, al fine di
dare una nuova visione della rivelazione in un’estasi meravigliata e turbata, dolente
e matura che si fa grido di straziante dolore nell’universo per l’impossibilità
di comprendere un disegno divino che include la presenza del Male, non solo nel
mondo, ma anche all’interno della Chiesa stessa. Non esiste il peccato, ma solo
una convergenza di due opposti (Male e Bene) che si risolvono nell’atto estremo
della morte, ultimo ed ineluttabile approdo per un’umanità soggiogata
eternamente da “finte rivoluzioni”, mistificazioni cristiane dell’autenticità
religiosa. L’immutabilità, la stasi del Credo cristiano è combattuta in una
lotta all’ultimo sangue contro un Corpo di cui si nutre il poeta nell’atto
sommo dell’Eucarestia, connotata da simboli erotici come la “penetrazione”,
intuita come emanazione della carne che si fa carne nell’Altro-da-sé. Nella civiltà
occidentale la sofferenza è concepita come separazione dall’amato, è restare
inchiodati all’impossibilità di unirsi fisicamente all’oggetto del proprio
desiderio. Maurizio Gregorini partendo dal sentimento dell’impossibilità, sopraggiunge
alla greca eroicità dell’agonismo (Nietzsche), alla morte dell’Altro, alla
crudeltà di una vita più forte del male stesso. Le “dita spezzate” di Cristo,
simbolo dello Spirito Santo, hanno “cancellato l’origine del gesto folle
nell’universo”. La morte di Gesù permette la vita di Dio, il sacrificio
riassume la volontà di un’entità carnefice che annega nell’agognato “nulla”.
Qui il poeta si avvicina alle estasi mistiche di M. Eckhart, predicatore
incompreso del “nulla” e del “fondo dell’anima”, processato e condannato dalla
Chiesa per eresia. Per arrivare a Dio, afferma Eckhart, è necessario isolarsi, spogliarsi
di tutto, dell’intelletto e di Dio stesso per non essere un semplice imitatore
di Cristo, ma Cristo stesso partecipe della divinità: “Io sono nulla. Non
riempio quesiti/… ma smorzarmi nell’agonia!/ … vivere cosciente e felice/ il
bacio di una bocca morente!” scrive il poeta. Il distacco perfetto, intuito da
Gregorini come “morte” simbolica dopo un’estenuante “guerra” che è la vita, ci
rende simili a Dio, al di sopra del bene e del male, del piacere e del dolore:
“Che tu sia la benedetta, Morte,/poiché togli vita al mondo/ aprendo la
resurrezione/ agli occhi dell’infinito”. L’approdo al Nulla è il
ricongiungimento con l’infinito, ma fino alla fine, in una serie di avvincenti
enjambements, la lotta non ha termine: “Mai sazio di stuzzicarti/ di umiliarti
fino al delirio./ Finché non mi ricondurrai/ con te, nella pace del Nulla”.
“L’odore del nulla o l’eresia del Cristo scomposto”, è a nostro parere, un
capolavoro della poesia contemporanea, erede ed innovatrice ad un tempo della
filosofia post-moderna. Il concetto dell’eresia quale apertura ad una lettura
diversa della religio cristiana si ripropone al lettore, libero di
individuare nel testo le tracce più consone alla propria sensibilità.
:: Vota
Vota questo articolo: 1 - 2 - 3 - 4 - 5 (1 = scarso - 5 = ottimo)
:: Vincenza Fava
Giornalista e poetessa, 39 anni, residente a Tuscania (VT)
:: Articoli recenti