2011
22
Mag
Il buio delle volpi
di Nunzio Festa
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Lupo Editore (Lecce, 2011), pag. 2011, euro
16.00
L'autore salentino Tony Sozzo, con “Il buio delle volpi”, ci ricorda del fuscello di Meridione, ovvero dei Sud, che spinge a muoversi verso l'esterno, ovvero fuori dalla matria. Oltre il battito d'origine. Questo romanzo, che ci giunge dopo “L'eterna cosa peggiore” e “Dolente”, è vissuto da un giovane, appunto meridionale e meridionale appunto, il quale deve reggere il peso greve e grave d'abbondanti delusioni poetiche. Che però lo mandano persino, grazie all'intervento del papà, a emigrare. Dunque a divenire soprattutto nostalgia inconsolabile. Qui, lontano, allora il protagonista deve udire il buio delle volpi, cioè il ricordo sano e palpitante sempre della sua terra natia, da contrapporre al nuovo e freddissimo destino geografico. Questo libro pare scritto da un emigrante, da una penna costretta a fuggire. E da prendere a modello quale reale esistenza di migliaia e migliaia di donne e uomini che la fuga non proprio analizzata di e da questa lande ha trasportato dal passato al futuro. In questo caso, testimoniano, con gioiosa e triste franchezza, siamo a fianco dell'autore dell'opera, del giovane scrittore Tony Sozzo che racconta delle migliori e peggiori qualità sentimentali dei giorni del nostro Mezzogiorno. D'un'arteria italiana che vede il viaggio del sangue utile a farlo rivivere. Verso la fine. Perché persino quando esiste il ritorno, e pure questo ritorno stesso non è da felicità quotidiana, sostanzialmente per le certezze che da secoli ci mancano, non è possibile da subito cantare vittorie. Si rischierebbe, a volte, di stonare.
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