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2011
15
Mag
Odore di chiuso
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Pagg.208 Euro 13 Sellerio Editore
Toscana, 1895. Nel castello Roccapendente, nella
Maremma toscana, di proprietà del barone Romualdo Bonaiuti, arrivano ospiti due
eccentrici personaggi: il paffuto, con due folti baffi bianchi, tecnicamente chiamati
favoris en ctellette, Pellegrino Artusi, autore di un importante libro di
cucina e il fotografo Ciceri. Cosa sono venuti a fare al castello? La piccola
comunità che vive , più precisamente vegeta, dentro l’illustre dimora si
interroga in merito e lo scrittore pisano ci descrive i figli del barone,
Gaddo, poeta dilettante, amante di Carducci, Lapo, dedito alle donne e alle
osterie, la figlia Cecilia, l’unica persona di talento, sensibile e
intelligente, ma relegata, siamo sempre nell’800, ad un ruolo marginale. Su
tutti sovrasta, anche se vive su una sedia a rotelle, la baronessa Speranza che
domina una miriade di servitù. Il tran tran quotidiano viene ad essere
interrotto dal ritrovamento del cadavere del maggiordomo del barone, Teodoro
Banti che viene rinvenuto all’interno dei locali della cantina, avvelenato
dopo avere bevuto del liquore avvelenato e Pellegrino Artusi sente, entrando
nella cantina “ un odore di chiuso”. Pochi giorni dopo la procace cameriera
Agatina, che aspettava un figlio da Teodoro, cerca di uccidere il barone. Le
indagini, affidate al delegato Artistico sembrano chiudersi, ma “una teoria
correttamente costruita è una teoria falsificabile”. Sarà Pellegrino Artusi ad
indirizzare il delegato verso il movente e il responsabile dell’omicidio con
un finale degno dei migliori gialli. Lo scrittore, abbandonati i vecchietti del
Bar Lume, protagonisti dei suoi precedenti libri come La briscola i cinque, Il
gioco delle tre carte, I re dei giochi, si cimenta con il giallo classico.
Imbastisce una trama narrativa sapientemente costruita, caratterizza molto bene
i personaggi, il più riuscito è Pellegrino Artusi, ma, ed è questo l’aspetto più
importante del libro, anche se ambientato nell’Ottocento, il libro ci parla
dell’Italia di oggi: le divergenze fra Nord e Sud, le disparità sociali fra i
ricchi e i poveri, i privilegi dei primi contrapposti ai secondi il cui compito
sembra esser solo quello di soccombere. Vi è anche molta politica in questo
giallo come le discussioni tra gli ospiti su Crispi, sul socialismo, sulla
necessità di una giustizia sociale. Felice la scelta di Malvaldi di alternare
la storia al diario di Pellegrino Artusi. Un libro interessante, un giallo non
fine a se stesso, un libro da leggere per comprendere, meglio di tanti saggi,
l’Italia di ieri e di oggi.
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:: Giuseppe Petralia
Giuseppe Petralia è giornalista pubblicistica dal 1984. Recensisce il primo libro ''Intervista sul socialismo italiano a Pietro Nenni'' a 18 anni, intervista apparsa sul periodico “Proposta Socialista”. Inizia a scrivere sulle pagine di ''Trapani Nuova'' e diventa, sempre nel 1981 corrispondente da Partanna (Trapani) de ''Il Giornale di Sicilia''. Collabora da dieci anni al periodico ''Il Belìce'', con recensioni di libri e articoli di cronaca e di politica. Ha collaborato con il periodico ''La Notizia-In'' e per quanto riguarda il web con il sito dello scrittore Antonio Messina, con www.belice.it e con libri.brik.it. Ha collaborato con recensioni ed interviste con la scrittrice Francesca Mazzucato e con ''I libri della settimana'' di Giancarlo Macaluso sul sito www.gds.it. Ha intervistato, fra gli altri, Vanessa Ambrosecchio, Simona Vinci, Domenico Cacopardo, Marco Vichi, Luca Di Fulvio, Ivan Cotroneo, Gabriella Imperatori, Paola Mastrocola, Grazia Verasani, Pietro Spirito, Teresa Ciabatti, Simona Corso, Alessandra Montrucchio, Enrico Remmert, Alessandro Perissinotto.
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