Pazza è la luna
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Dieci storie, dieci racconti, dieci personaggi tratteggiati magistralmente. Silvana Gasso, per chi conosce la sua produzione letteraria non è una novità, passa dal romanzo impegnato come Disìo, all’allegro, ma non troppo, libro 7 uomini 7 Peripezie di una vedova a questi racconti non slegati, ma tenuti uniti da diversi fili conduttori: la Sicilia, terra natia della scrittrice, vive ed opera a Gela, il destino non felice per i protagonisti , “la natura matrigna”, la difficoltà di vivere, il destino cinico e beffardo. Apre la serie Angiolina, detta “Manetta”, per via di una mano di ferro, una donna dura, decisa e determinata che, dopo avere realizzato il sogno della sua vita ( essere proprietaria di un negozio di cappelli di proprietà) teme che tutto possa essere disperso dal figlio Fortunato che vuole andare a scola e il finale nel racconto non potrà che essere crudele per la protagonista. Il libro ci narra anche la vicenda di Ninofocu, un uomo solo, che dorme all’aperto anche di notte “per non perdesi la luna”, forse uno dei migliori racconti del volume, che disegna Madonne, mentre il potere politico cerca, dopo la morte del protagonista, di negarla per dare vita ad una serie di speculazioni per il rilancio turistico della zona. Altri bellissimi racconti fanno parte del libro come Angelo, “ il figlio della Madonna” che aspetta da sessant’anni Aurora, il suo amore inghiotto dal lago, o “Zagara” dove un giovane viene venduto ala maestra di piano Anselma Ferracane e non viene volutamente curato per condurre una vita di schiavitù. In “Violette per Nerina”, la Grasso ci offre l’immagine struggente di un uomo solo, Picaredda, che porta le violette alla figlia e non si rassegna all’idea della morte della stessa, cenando con una bambola. La scrittrice ci fa sorridere nel racconto “Un buon partito per Nicolina Gusmet” dove mette in evidenza, criticandolo aspramente, il finto perbenismo borghese, il matrimonio di un ricco possidente con un magistrato impotente che sfocerà in un divorzio, ovviamente ottenuto dalla Sacra Rota. “Regalo di Natale”, che chiude la raccolta, è certamente uno dei racconti più tristi e struggenti. Scrittrice di talento, la Grasso è abile nel delineare situazioni e personaggi, nel dare vita a dialoghi interessanti, ma quello che caratterizza questo volume, come gli altri, è la scrittura: forte, dirompente, infarcita di qualche frase in dialetto. Uno stile letterario inconfondibile, unico, dove ogni parola ha un significato, dove neanche una virgola, viene lasciata al caso. Questo libro, e anche i precedenti, vanno letti, riletti, meditati e fatti propri perché ci troviamo di fronte ad una scrittrice per la quale la scrittura è totalizzante e, non caso, la Grasso ha alle spalle anni di studi di filologia con il grande Maestro Gianfranco Contini.