Il correttore
La voce di Nicola, femminile e maschile. Elisabetta Liguori, autrice pugliese di valore, con Il correttore torna a ‘utilizzare’ una voce d’uomo per intrigare e fare accattivanti pagine d’un giallo atipico, inutile; una seconda prova letteraria che corre fra stanze giudiziarie e forse disquisizioni sulle religioni. Dentro il mondo della narrativa che Pesa. La storia vissuta dall’uditore giudiziario Nicola si dipana nell’arco difficile d’un indagine per omicidio. In questi territorio il protagonista parla con la propria compagna e ragiona, perché dialoga, con giudici e carabinieri – lì guarda tanto all’azione – e di più con la sua compagna. Moglie che, come ha confermato la stessa scrittrice, sarà elemento che porta verso la strada della realtà assoluta, quella senza “la correzione di Nicola”. Quasi per caso, Nicola si mette a ricordare. E nelle sue insoddisfazione deve rimettersi a slegare matasse. L’obiettivo primario della Liguori appare quello di interpretare e riscrive vicende che portino a rifare la vita. Non è l’ambiente, in questo caso, a rafforzare la costruzione della trama e dell’intera opera. Il non – luogo che conta è quello dell’intimità, di tutte quante e tutti quanti. In un giallo che non è un giallo in quanto non vale semplicemente la memoria e le colpe di chi subisce o commette il fatto. Ma il tempo di chi osserva, e vuole una verità che sia tutta sua. Elisabetta Liguori si serve, anzi si vive, d’una scrittura dotata della purezza d’uno stile Pulito, si direbbe. Senza sbavature. Che non trattiene e non da singhiozzi o cadute. Una forma classica eppure cosparsa di brividi, una forza che risente di tante altre. Dunque le trent’otto pugnalate per forza di cosa viste dal futuro magistrato meridionale s’infilano nei testi sacri, nelle storiacce di sesso con soldi e su soldi. Il romanzo, oppure la sua parte rivestita di giallo, propone una città sporcata. In tutto ciò, eppure in tutto ciò, quindi, il correttore si fa strada per perdere e vincere, per poi ricordare. Rimuginare. E’ verissimo che siamo continuamente alla ricerca della verità, anzi delle verità. Ma quelle di tutti i giorni, che ti mettono e ti tolgono o tengono nei rapporti interpersonali, nelle ansie e nella felicità, nei giri del lavoro e nel ritornello dei sentimenti che mai potranno abbandonarti. Forse avere dubbi è davvero cosa bella e buona, vitale. Prima o poi almeno alcuni comunque devono essere risolti.