Birra bionda & Rose gialle
Commenti ((Nicola Fabbri - ALBERTI & C.Editori)
E’ con una critica al giornalismo che Nicola Fabbri inizia il romanzo a sfondo satirico, in cui il protagonista principale ci assicura che i personaggi sono reali, uomini che si credono eroi, ma che vengono continuamente sconfitti dalla debole spinta delle pale di un mulino a vento: è chiaro il riferimento al Don Chisciotte di Cervantes.
Un giornalista indaga sulla misteriosa scomparsa di alcuni bambini. Visita l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, tre quartieri di una qualsiasi città, e incontra alcuni personaggi emblematici di una società corrotta, rappresentanti di alcune categorie sociali.
Un’analisi simpatica ed efficace della realtà, fatta con acuta ironia, che spesso ci fa abbozzare un sorriso, che vela il disprezzo della modernità e la sfiducia nel progresso e accompagna la narrazione dall’inizio alla fine. Troviamo, altresì, una intelligente e significativa parodia, a volte dissacratoria, ricca di stravolgimenti strutturali, teologici e morali di parti della Divina Commedia. L’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso altro non sono che il prolungamento della vita terrena, in tre diversi quartieri, rappresentati con crudo realismo e con singolare originalità, di una stessa città. L’Inferno è la zona del benessere materiale, descritta con particolari allegorie, il Purgatorio è il quartiere abitato dalla borghesia caratterizzata dal perbenismo di facciata e il Paradiso è una periferia, dal cielo grigio per il fumo delle ciminiere, segnata da squallore materiale e morale, che ricorda alcune descrizioni metropolitane di Thomas Eliot. L’Inferno è in effetti il vero Paradiso. Carica di un forte sarcasmo è l’attribuzione di un particolare valore al danaro nell’Aldilà: anche qui tutto ha un prezzo.
Lo scrittore interviene, per bocca dei personaggi o in forma impersonale, con una serena filosofia della vita, utilizzando, in alcuni casi, la saggezza popolare dei proverbi, e con riferimenti, espliciti o implitici, alla letteratura italiana e alla storia della filosofia, al mondo dello sport, ad alcuni problemi sociali. Ed è in questo contesto che vengono inseriti i pochi ma forti momenti di horror, calati in una soffice ed effimera suspense, stimolata dalla motivazione del viaggio del protagonista, e, in qualche modo, dagli ambienti. E, in un’atmosfera realistica, tali momenti proiettano il nostro pensiero ad un loro possibile realizzarsi e ci inducono a strapparli al mondo della fantasia e a immergerli nella crudele realtà dei nostri tempi. L’horror di Nicola Fabbri ci coglie all’improvviso, è legato con disinvoltura all’humour del romanzo, ma ci fa ugualmente ribrezzo. Lo scrittore ha giocato d’astuzia scegliendo come vittime della brutalità i bambini, la parte migliore della società, la più genuina, la più fragile, la più innocente. Questo rafforza l’horror e la tematica del racconto.
Il linguaggio è impreziosito da vocaboli spagnoli, da latinismi e da qualche forma retorica (“…odorosa di colori vivaci”). I componimenti poetici non raggiungono risultati eccezionali. Il finale è originale; non è di quelli che, comunemente, il lettore si aspetta.