KULT Virtual Press

una delle prime case editrici virtuali italiane

Dall’autore de ”Il dono del mare” e di ”160”.

Lingua: italiano

Lunghezza: circa 2500 parole (tempo di lettura: 8-12 minuti)

Prezzo: gratis

Autore: Enrico Miglino

Download: non disponibile

Estratto:

22



Al numero ventidue questa volta ero sola. Mi aspettava di sopra, ma fino a quel numero, fino a quel punto della mia vita, ero arrivata da sola. Niente incontro alla stazione, niente viaggio insieme, niente di niente.
Ero io ad aver deciso così, come sempre, decidere il luogo e le modalità dell’incontro. E il tempo. Il portone era socchiuso, come al solito; lui mi ha aperto la porta senza parlare, osservandomi a lungo in silenzio. Mi piace sentire come mi guarda, so cosa desidera del mio corpo e cosa immagina di me quando mi fissa e si abbandona al sogno. Il sogno comune di un incontro, l’attesa di entrambi dell’incantesimo, poi la magia. I pensieri si sollevano leggeri come iridescenti bolle di sapone e in un istante scompaiono nell’aria. E io con loro.
Non so ciò che accadrà negli istanti prossimi ad avverarsi. Ventidue può essere la chiave o la strada della mi vita, o soltanto un numero. Il cappotto giace abbandonato sullo schienale della sedia di fianco a lui che continua a osservarmi; un po’ trafelata, in piedi gli sto di fronte. A mio agio. Casa. Altrui, ma casa. Questo dove di cui dubito esistere, che mi fa sentire a casa con me stessa e la mia anima.

La gente incontrata sul treno appartiene ad una specie curiosa; lo scompartimento è una piccola gabbia, una minuscola prigione troppo affollata. Sconosciuti casuali, amici d’occasione fino alla prossima stazione. L’ansia del viaggio non mi ha abbandonato un istante, è sempre la stessa, quella di ogni viaggio. Mi accompagna in silenzio come un rapace notturno appollaiato sulla mia spalla che mi stringe gli artigli addosso, fino al dolore fisico, fino alla malattia. Sarà lì, ancora una volta ad attendermi, indesiderato compagno di viaggio, puntuale ad ogni partenza e ogni ritorno.
Lui sembra non avere occhi che per il mio corpo e i miei occhi. Mi guarda con serietà, gli regalo un sorriso. Non mi sono ancora nemmeno seduta, il respiro tranquillo, il corpo disposto alla dolcezza. Non so se è amore, non oso amore, non credo amore. C’è altro, tanto altro, abbastanza da lasciarmi sopraffare; per ora, per questo viaggio e questo incontro può bastare, forse la prossima volta. Mi tengo pronta a difendermi, ho un inspiegabile desiderio di abbandonarmi da cui non so liberarmi. Ricordo quando nei miei passati trattenni a stento le lacrime, quelle che ti fanno gli occhi lucidi, che ti tolgono il respiro, ti annullano, ti addolorano. Ti fanno sentire indifesa. Questa forza di lacrime trattenute è il mio desiderio di ora che non so contenere.
Come posso restare con l’anima nuda, graffiata dai venti, mostrare tutta la mia paura di fronte a questo orribile demonio di egoismo ed arroganza? Non so farmi bastare saperlo un ricordo, mi specchio e mi vedo con queste ferite scavate. Come potrò ancora piacere a un uomo? Mi attendo con nostalgia, vorrei tornare da me, bambina non stanca, non triste, non buia, non ora. Riacchiappare qualche ieri per viverlo meglio.
Il treno corre per luoghi di cui ormai conosco la sequenza, le fermate in mezzo alla campagna. Il treno mi trafigge come una lama nella sua corsa inspiegabile mentre il paesaggio scorre attraverso il finestrino in un filmato monotono.

Così ho preso l’amore con lui, per lasciarlo gemere qualche istante quando l’ho sentito nascere dentro, quando ero sicura fosse amore. Gli ho concesso solo qualche piccolo gemito come un orgasmo trattenuto, poi ho preso queste tre monete d’oro, le ho osservate luccicare nella mia mano e le ho nascoste sul fondo della scatola dei biscotti. E ho seppellito il mio tesoro in un luogo che solo io conosco.
La mia mano si perde nella sua lasciandomi trascinare docilmente nell’altra stanza, il suo abbandono ci perderà in istanti senza tempo. Il gioco è ancora nelle mie mani. Per questo mi sento tranquilla, quasi serena. Prima, partire, pensare di andare, allontanarmi dalla vita, mantenere l’equilibrio senza barcollare o, ancor peggio, cadere. Nel prima, sono ciò che amo e ciò che vorrei cambiare, quel che è stato ma soprattutto di me. Le mie contraddizioni che non comprendo, ciò che voglio e non voglio nello stesso momento, i passi avanti e quelli indietro, l’angoscia, tremare piangendo in un angolo aspettando che sia finita. Gli abbandono addosso ogni mio respiro, per tutti gli istanti che ci separano e ci tengono lontani, ma oltre la confidenza, amicizia, intimità, c’è dell’oltre…
Al fondo di questa nebbia, che rende ogni cosa confusa e fa perdere il senso del tempo, si trova il confine. E’ una parete talmente sottile da non poterla vedere, sottile come una convenzione, come un tacito accordo. È un luogo immaginario che lui non può superare. Potrebbe violarlo se solo volesse, ma una volta soltanto, un istante prima di un definitivo addio. Di pratico ci separano i viaggi. Non le distanze, quelle si possono annullare, ma i viaggi.
Il viaggio non è un là e un qua, è qualcosa si strano, emozionante, affascinante e grottesco. È una sequenza di inevitabili istanti, collegati da una sola consapevolezza. L’arrivo apre una porta, poi sarà richiusa, sigillata da una inevitabile partenza, il ritorno. Il viaggio è circolare.

La rinuncia passionale e deliberata del pudore è una conquista. Un valore che prende corpo quando lo offri come un dono. Qui, ora, non c’è più ansia, né fretta; il tempo si dilata come un orcio che si riempie lentamente di un liquido denso e appiccicoso, sensuale. I nostri respiri accarezzano il desiderio, la sensualità e l’erotismo. Senza fretta mi accosto a un istante senza fine. Sto sospesa nella vita allo stato puro di questi pochi metri quadrati, sesso puro e pulito oltre il banale essere porca, per il mio e il suo piacere e usare ogni particolare del mio corpo per l’amore. L’idea di sentirmi aprire da lui, essergli femmina, va ben oltre il senso di fisicità che oggi è il passaggio che abbiamo scelto. Per lasciare che il corpo esulti, per essere sua, ma soprattutto, femmina e mia.
Il viaggio e il prima sono l’ultima brace che rosseggia fra la cenere. Posso portare senza timore in questo spazio di percezioni eccitate qualsiasi altro mondo abbia visto, goduto, amato o sofferto, perché si perderà in questi istanti.

…continua…

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